LA FILIERA DELL'OLIO D'OLIVA
L'albero d'olivo
Prof. Marina Roncallo
La Filiera dell'olio d'oliva
La costa ligure, per clima e territorio,
costituisce l'ambiente ideale per l'olivo,
pianta preziosa, carica di significative
valenze in campo sia culturale, sia pratico
- produttivo, di cui vengono utilizzati frutti,
foglie e tronco.
Si partirà, dunque, dalla descrizione botanica,
per giungere alla conoscenza di tradizioni,
leggende, ricette, sistemi produttivi, che
riguardano l'olivo e l'utilizzo dell'olio.
Si indica di seguito l'impostazione di massima,
che il lavoro in oggetto prevede:
1) Antichità dell'Olivo
2) Caratteristiche dell'olivo
3) Le malattie dell'olivo
4) Produzione dell'olio
5) L'olio d'oliva nella cucina ligure con
particolare riferimento al pesto.
ANTICHITA' DELL'OLIVO
Esiste una stretta relazione tra la storia
dell'uomo e quella dell'ulivo: in ambito
biblico, ad esempio, questa pianta fu il
simbolo della vita e della speranza quando,
al termine del diluvio universale, la colomba
con un ramoscello nel becco si mostrò a Noè,
per annunciargli la ritrovata quiete. Adamo,
giunto al termine della vita, chiese a Dio
di concedergli " l'olio della Misericordia",
dono che gli era stato promesso prima dell'abbandono
dell'Eden. Il figlio Seth , dopo aver ricevuto
da un angelo tre semi dell'albero del bene
e del male, li posò sulla bocca del padre,
al momento della sepoltura, e presso la tomba
spuntò un olivo. Un antichissimo mito greco
narra la famosa gara tra gli Dei dell'Olimpo,
per il predominio d'Atene e dell'Attica.
Zeus stabilì che avrebbe consegnato l'ambito
primato al Dio che avesse offerto agli uomini
il dono più utile. Atene e Poseidone superarono
gli altri dei nella gara, imponendosi come
antagonisti privilegiati. Zeus decise di
premiare Atena, che aveva fatto crescere
un albero fino ad allora sconosciuto: l'olivo,
fondamentale e prezioso al punto di assumere
molteplici valori simbolici. Un'altra leggenda
narra che Aristeo fu il primo a ricavare
l'olio, spremendo le olive; trasmise, quindi,
ai popoli del Mediterraneo l'arte della coltivazione
dell'insostituibile pianta.
Un mito racconta che dalla Fenicia l'olivo
fu esportato in Grecia da una colomba: da
quel giorno, nel santuario di Zeus, ad Olimpia,
furono adorati gli olivi sacri. Ercole piantò
un olivo ai piedi del monte Olimpo, sacra
dimora degli dei. Diana e Apollo vennero
alla luce sotto le fronde di un olivo, che
da allora fu venerato. I vincitori delle
Olimpiadi erano incoronati con rami d'ulivo,
provenienti da Olimpia, come segno tangibile
di gloria perenne. Anche nell'antico Testamento
l'olio è il simbolo della benedizione divina:
unisce l'uomo a Dio, tramite il gesto sacrale
dell'unzione; inoltre scandisce il passaggio
dalla morte all'eternità. Nella cultura cristiana,
l'olio e l'olivo conservano il valore sacro,
che rivestivano in quella pagana ( basti
ricordare l'unzione degli infermi). Gli antichi
pagani agitavano rami d'olivo, come atto
propiziatorio e come manifestazione di grazia;
i seguaci di Gesù compirono lo stesso gesto
per accoglierlo quando, dopo essere sceso
dal monte degli olivi, si diresse verso Gerusalemme.
Con tale atto, i fedeli riconobbero ufficialmente
in lui il Messia e lo acclamarono come tale.
Ancora adesso i credenti, la domenica della
palme, portano nelle loro case i rami di
ulivo benedetto. L'olio inoltre è fondamentale,
nella cultura ebraica, come gesto simbolico
dell'unzione e tale è il significato della
parola ebraica Messia e di quella greca Kristos.
Sovrani, sacerdoti, profeti erano consacrati
con una goccia d'olio, in luoghi sacri e
nel corso di cerimonie religiose, per sottolineare
agli occhi di tutti la valenza divina di
quella scelta. L'olio era utilizzato nelle
cerimonie, poiché ritenuto superiore alle
altre pozioni: significava onore e, quindi,
dimostrava che la dignità di re e sacerdoti,
superiore a tutte le altre, doveva essere
onorata, in quanto voluta da Dio. Secondo
la liturgia cattolica, l'olivo viene usato
al momento del battesimo, durante la consacrazione
dei sacerdoti e nelle cerimonie di consacrazione
dei sovrani. Con l'olio degli infermi viene
impartita l'estrema unzione ai moribondi,
mentre il crisma viene usato dal Vescovo
per segnare la fronte di chi si accosta al
sacramento della Cresima.
Presso i Romani i rami dell'olivo, albero
sacro di Minerva e di Apollo, si usavano
per incoronare sia coloro che si erano distinti
per particolari meriti patriottici, sia gli
sposi, al momento delle nozze, sia i morti,
vincitori nella lotta della vita umana, come
descrivono alcuni autori latini. Durante
le cerimonie religiose degli antichi pagani,
le sacerdotesse di divinità agresti o campestri
spargevano gocce d'olio sull'altare in offerta
agli dei, mentre i contadini ungevano le
lame degli aratri, per propiziare gli dei,
al fine di ottenere un abbondante raccolto.
I più antichi coltivatori dell'olivo furono
i popoli semitico-camitici, stanziati a sud
del Caucaso, a ovest dell'altopiano iranico.
Fu il primo albero a essere curato dalle
popolazioni del Mediterraneo. Nell'età antica,
era diffuso in Mesopotamia, in Egitto, a
Creta e in Palestina. Nel 1000 a.C. già esistevano
i frantoi, formati da due grandi pietre,
una concava, che conteneva le olive, e l'altra
convessa, che, mentre girava, le comprimeva.
Il più antico frantoio esistente fu trovato
in Grecia, nell'isola di Santorino. Nell'800
e nel 700 a.C. la coltivazione dell'olivo
si diffuse enormemente in Grecia e sulle
coste dell'Africa settentrionale, bagnate
dal Mediterraneo. I mercanti greci e quelli
fenici esportano la pianta, che venne coltivata
sulle coste della Sicilia, della Spagna,
nella nostra penisola e in Provenza. L'olio
fu un elemento di fondamentale importanza
nella civiltà greca: indispensabile per la
nutrizione, soprattutto quando scarseggiavano
i generi alimentari; utilissimo per scopi
terapeutici; fonte di ricchezza economica,
grazie alle esportazioni; elemento essenziale
per lampade e torce.
Sradicare un albero sacro significava compiere
un atto empio, che poteva essere punito con
la pena capitale; successivamente, con la
condanna all'esilio e la confisca dei beni.
Neppure gli alberi secchi potevano essere
sradicati, poiché si credeva che gli olivi
sacri avessero la facoltà di rinascere e
fiorire. Sofocle, nell' " Edipo a Colono",
esaltò l'olivo con tali versi:
Albero invitto che da sé rinasce,
terrore delle lance nemiche;
in questa terra cresce in gran copia
la glauca foglia dell'olivo
nutritore dei nostri figli.
Né mai un condottiero nemico,
giovane o carico d'anni,
riuscirà a distruggerlo:
infatti Zeus protettore
sempre lo contempla ed Atena dagli occhi
cerulei
Anche Omero nei suoi poemi citò l'olivo:
lo assurse a simbolo di pace e di vita, o
lo rese strumento atto a infliggere la giusta
punizione, la morte. Era d'ulivo il gigantesco
tronco per mezzo del quale Polifemo venne
accecato da Ulisse e dai suoi compagni. Il
re di Itaca costruì per sè e per Penelope
il letto nuziale, scavandolo nel tronco stesso
di una possente pianta d'olivo, simbolo di
un'unione salda e duratura. Quando egli ritornò
nella sua terra, dopo lunghe peregrinazioni,
fu riconosciuto da Penelope, anche in virtù
del fatto che seppe descrivere, con estrema
precisione, l'insolito talamo da lui realizzato.
Analogamente la bara di Ulisse fu costruita
in legno d'ulivo.
In Grecia, dopo ogni bagno, era abitudine
ungersi e massaggiare la pelle con olio profumato,
che impediva alla pelle di disseccare, ammorbidendola.
Gli atleti, prima di cimentarsi nella lotta
e nella corsa, si cospargevano di olio allo
scopo di riscaldare i muscoli con un massaggio
tonificante e di difendersi dal freddo. Con
l'olio si alimentavano le lampade che illuminavano
le abitazioni e le celle dei templi. Ad Atene
si consumavano frittelle di farina, miele
e olio. Il pesce bollito si gustava con una
salsa preparata con olio, rosso d'uovo, aglio,
formaggio. Un altro piatto molto ricercato
ad Atene era la salsa bianca, ottenuta con
olio, aceto, sale e porri. I soldati in guerra
si cibavano più semplicemente di pallottole
di farina e olio, consumate crude.
I Romani privilegiavano la coltivazione dell'olivo,
considerandolo " la prima fra tutte
le piane", come sosteneva Columella,
nel I secolo dopo Cristo. Col crescere delle
richieste d'olio, aumentava la produzione.
I popoli sottomessi dovevano versare pesanti
tributi in olio e le zone che si affacciavano
sul Mediterraneo, dominate dai Romani, erano
suddivise in " province olearie".
Plutarco, esaltando la vittoria di Cesare
in Africa, sottolineava che la conquista
di quel vasto territorio permetteva di ottenere
almeno tre milioni di litri d'olio. Il trasporto
avveniva per mezzo di grandiose flotte costituite
da navi "olearie". Fu fondata,inoltre,
l'arca olearia, una specie di borsa dell'olio:
lì i commercianti e gli importatori decidevano
i prezzi e le quantità, attenendosi a precise
direttive. Illustri personaggi come Orazio,
Virgilio, Catone, Varrone trattarono il tema
dell'olivicoltura. Secondo Catone, dovevano
avvenire velocemente sia la raccolta, sia
la spremitura delle olive. Virgilio, invece,
riteneva che fosse necessario rispettare
i ritmi della natura.
L'olivo e la vite costituivano anche nell'antichità
la maggior fonte di ricchezza economica e
commerciale dell'agricoltura mediterranea.
I Romani classificarono diverse categorie
d'olio: Oleum ex albis ulivis, il Viride
e il Maturum e il Caducum.
Anche per loro, costituiva un ingradiente
indispensabile nella preparazione dei cibi.
Era utilizzato per intingoli e salse; se
ne usava abbondantemente per condire pesci,
volatili, cacciagione, carni di capre, pecore.
Sempre con l'olio si insaporivano frutti
ed ortaggi, che spesso erano serviti assieme
a dei fiori. Columella ci ha lasciato ricette
per la consumazione e la preparazione delle
olive, che si servivano come antipasto; si
conservavano in anfore e costituivano una
leccornia di cui molti erano particolarmente
ghiotti. Columella consigliava di coprire
completamente di sale grosso le olive nere;
bisognava poi aspettare per trenta giorni.
Successivamente, le olive andavano pulite
con una spugna e disposte in un vaso, con
vino cotto. Infine, si doveva stendere il
tutto sopra uno strato di finocchio e chiudere
il contenitore. La ricetta del pesto di olive,
che ancora oggi è conosciuta dalla cucina
mediterranea in generale e in particolare
da quella ligure, risale all'epoca romana.
A Roma, il pesto si serviva come antipasto,
ad Atene era venduto anche per strada. Le
olive erano schiacciate fino a formare una
pasta; si aggiungevano sale, finocchio, anice,
cumino e molto olio. Nell'antica Roma si
diceva che l'uso dell'olio di oliva giovasse
alla salute e permettesse all'uomo di vivere
più a lungo. Plinio il Vecchio raccolse ricette
curative molto diffuse in ambito popolare:
le foglie si usavano schiacciate, assieme
all'olio, e erano applicate per guarire ulcere
e mali di testa; il decotto d'olio e miele
si utilizzava per eliminare le infiammazioni;
il succo era utile per gli occhi e si otteneva
unendo alle foglie schiacciate un po' di
vino e acqua piovana. Si ricavavano pastiglie
con le foglie secche. L'acqua che usciva
dal tronco dell'ulivo bruciato verde era
usata a sua volta, come cicatrizzante.
Verso il III d.C. vi fu in tutta Europa una
crisi politica, sociale ed economica molto
grave, che investì anche l'agricoltura. Le
campagne affidate agli schiavi, offrivano
prodotti in quantità minore e di qualità
inferiore rispetto a quanto avveniva in precedenza.
Decadde la coltura specializzata del vino
e dell'olio. Con le frequenti e demagogiche
distribuzioni gratuite di generi alimentari
da parte degli imprenditori al popolo, si
esaurirono ben presto le provviste immagazzinate,
comprese quelle di olio nostrano. Roma dovette,
così, importare dalle sue province, Spagna
e Africa soprattutto, enormi quantità d'olio,
per soddisfare le richieste della popolazione.
Con la caduta dell'impero Romano d'Occidente
( 476 d.C.) e le invasioni barbariche, si
verificò una grave crisi nelle comunicazioni,
nei trasporti e di conseguenza, nelle attività
commerciali, che in certi casi si fermarono;
l'olivo, non più considerato un albero sacro,
divenne una pianta di scarsa rilevanza e
la sua cura decadde a livello sociale, restando
affidata solo all'iniziativa dei singoli.
L'olivo necessita della costante cura dell'uomo.
Nel periodo dell'alto Medioevo, quando infuriavano
le guerre ed i contadini dovevano abbandonare
i campi, la coltivazione dell'olivo fu trascurata.
Le continue invasioni danneggiarono l'agricoltura
e resero improduttivi i campi. In molte zone
l'olivo tornò allo stato selvatico, crebbe
nei boschi e quasi scomparve nelle sue forme
coltivate. Nel VII e VIII secolo d.C. pochi
esemplari di olivo erano coltivati in appezzamenti
di terreno, che i proprietari affidavano
ai contadini, dove si produceva quanto era
necessario alla sussistenza delle famiglie
che vi abitavano. Si preferiva la coltivazione
della vite, che permetteva guadagni immediati.
Il proprietario assegnava al coltivatore
un terreno generalmente ricoperto da boschi
o incolto. Occorreva un lungo lavoro perché
la zona fosse disboscata e resa coltivabile;si
doveva, poi, piantare la vite e costruire
una dimora per la famiglia. La coltivazione
dell'olivo fu trascurata, perché non avrebbe
garantito alcuna rendita, per un periodo
variabile dai sette ai 25 anni: tanti ne
occorrevano perché la pianta potesse crescere
e dare frutti. In più si sapeva che questo
robusto albero, che avrebbe potuto vivere
per migliaia di anni, sarebbe anche potuto
morire in brevi giorni a causa del gelo.
L'olio andava, inoltre, protetto dai furti
o dai danni causati da gli animali dei boschi
vicini. Si rendevano, dunque, indispensabili
dispendiose recinzioni e difese. Soltanto
i grandi proprietari terrieri possedevano
oliveti ben recintati. In particolar modo,
i monasteri godevano di una disponibilità
di mezzi tale da assicurarsi il possesso
di un oliveto. La Chiesa necessitava dell'olio
per le funzioni sacre, oltre che per l'illuminazione
dei luoghi di culto, delle case religiose
e per il consumo delle congregazioni stesse.
Secondo la tradizione popolare, furono i
Benedettini i primi a coltivare l'olio in
Liguria. Alcuni storici ritengono, invece,
che siano stati i Crociati di ritorno dalla
Palestina ad introdurre l'olivo nella medesima
regione. Altri, infine, credono che l'olivo
sia stato portato in epoca romana, quando
i Greci di Focea andarono in Provenza per
fondarvi colonie. Nell'età feudale, l'olio
si trovava anche in grandi fattorie-fortezza
, situate sulle colline della Toscana e abitate
da numerose famiglie. Nel XII secolo si diffuse
nuovamente la coltivazione dell'olivo e,
col passare dei secoli, crebbe sempre più
la produzione di olio. Si stipularono nuovi
contratti di lavoro con i contadini: l'appezzamento
venne assegnato loro per sempre, mentre al
proprietario spettava una parte dei prodotti
o del denaro. Il coltivatore riteneva vantaggiosa
anche la coltivazione dell'olivo, mentre
il proprietario terriero spesso decideva
di fare investimento, piantando numerosi
uliveti. Si diffuse la piccola e media proprietà.
Dalle mura dei borghi si curavano gli uliveti
delle comunità sulle colline circostanti.
Sorsero i primi poderi, in particolar modo
nel centro Italia, dove si produceva quanto
era necessario per la sopravvivenza della
famiglia. Con l'aumento della popolazione,
si svilupparono le città e si incrementarono
i commerci. Con la crescita economica, si
avvertì più forte il bisogno di migliorare
l'alimentazione; di conseguenza, aumentò
anche la domanda d'olio. Nell'età dei liberi
Comuni, richiedevano grandi q.tà di olio
anche le industrie di lana e quelle del sapone,
che andavano acquisendo importanza sempre
crescente. Si intensificò, così, la produzione
nella nostra penisola; si giunse a non importare
più olio e a esportarne in abbondanza, in
direzione Oriente e Nord. Fu un veneziano,
un certo Voltani, il primo che si occupò
dell'esportazione dell'olio prodotto nella
nostra Penisola, verso i luoghi più lontani.
Nel XII secolo controllava il mercato oleario
fino a Corinto, Tebe, Bisanzio. La repubblica
di Venezia si arricchì enormemente con il
commercio del pregiato prodotto, controllando
l'Adriatico e l'Oriente. Un'altra repubblica
marinara, Genova, era dedita al commercio
dell'olio fino in Spagna, in Provenza e in
Africa. In Liguria e nel Sud dell'Italia,
si diffusero gli uliveti, ad opera dei frati
Olivetani e Circensi. Alla fine del Medioevo
toccò il culmine la produzione d'olio, che
perdurò per tutta l'età rinascimentale. Nel
Medioevo l'uso dell'olio a tavola era molto
limitato: al suo posto si utilizzavano, come
condimenti, soprattutto il lardo e lo strutto.
Con l'olio si insaporivano i cibi crudi,
ma solo i ceti più abbienti se lo potevano
permettere. Il medesimo era di fondamentale
importanza per i navigatori, che lo consumavano
quotidianamente, cibandosi essenzialmente
di carne salata, gallette e pesce seccato.
Se ne consigliava l'uso agli anziani. Veniva
utilizzato durante la Quaresima e nei cosiddetti
giorni di "magro". Consultando
i primi libri di cucina, è possibile constatare
che nel Sud si prediligeva l'olio d'oliva;
tuttavia anche i ceti più poveri usavano
lardo e strutto, tranne che in Puglia. Nel
corso del 1500 e del 1600, l'agricoltura
fu colpita da un'altra grave crisi. In tutta
l'area geografica del Mediterraneo, soprattutto
nel nostro Mezzogiorno, con la dominazione
spagnola, i raccolti furono pessimi con l'eccezione
della Sardegna e della Toscana, regioni in
cui la produzione d'olio rimase stabile.
In Sardegna, un viceré Spagnolo, tale G.
Vivas, favorì la coltivazione dell'olivo;
in Toscana i Granduchi, Cosimo I in particolare,
diedero impulso all'agricoltura. Nel 700,
vi fu un'enorme e generalizzata richiesta
d'olio. La popolazione aumentava e l'olio
era ritenuto indispensabile per l'uso giornaliero
di ogni famiglia. Le industrie si moltiplicavano
e richiedevano olio, in particolare quelle
tessili, della lana e del sapone. I Paesi
privo del " dono degli dei", come
l'Inghilterra, la Francia, i Paesi Bassi,
la Russia, i Principati Tedeschi, si diressero
verso la nostra penisola, per soddisfare
le loro richieste. L'olio del Sud era particolarmente
apprezzato e ricercato anche dalle nazioni
più lontane. Il prezzo dell'olio crebbe enormemente;
i grandi esportatori della nostra penisola,
in particolare i Veneziani, poterono arricchirsi
considerevolmente con il commercio del pregiato
prodotto. Anche in Liguria come nel Meridione
dell'Italia, la coltivazione dell'olivo venne
intensificata al massimo, con la conseguenza
che esso divenne il prodotto più importante
dell'agricoltura e conquistò il primo posto
nella scala delle esportazioni. In Toscana,
dopo un gelido inverno, quello del 1709,
che causò un danno enorme all'agricoltura,
riprese rapidamente la coltivazione dell'olivo
considerato " l'albero più utile allo
stato". In Provenza le olive cominciarono
a essere consumate a tavola. L'olio rimase
presente nei libri di medicina: era usato
per curare le coliche, gli avvelenamenti,
la stitichezza. Anche nell'800, la coltivazione
continuò ad aumentare sulle nostre colline:
l'olio era necessario per alimentare le lampade,
per nutrire la popolazione in forte crescita
e per soddisfare la richieste provenienti
dall'industria, in continuo sviluppo. L'olivo,
considerato un buon investimento, si curava
persino nelle piccole e medie proprietà,
grazie anche all'intervento di alcuni Stati,
come quello della Chiesa, che ne favoriva
la coltivazione, elargendo premi in denaro
a quanti piantassero e coltivassero gli ulivi.
Le colline umbre, tra il 1830 e il 1480,
si ricoprirono in tal modo di uliveti. Nonostante
qualche cattiva annata, dovuta a condizioni
climatiche sfavorevoli o a malattie nelle
piante, la coltivazione dell'olivo continuò
a estendersi, tanto che, alla fine dell'800,
era praticata in più di due terzi delle province
italiane. La produzione dell'olio in Italia
continuò nel '900, con annate più o meno
buone. Negli anni '50, nel nostro Paese si
presero a modello le abitudini alimentari
americane, che privilegiarono i grassi animali:
aumentò il consumo del burro e della margarina
industriale. Tuttavia, col tempo, la moda
passò e riacquistò valore l'alimentazione
naturale, con la conseguenza che l'olio fu
nuovamente al primo posto nella tavola italiana.
Oggi, l'olivicoltura costituisce un'attività
fiorente nel nostro Paese, mentre dietologi
e nutrizionisti ne ribadiscono la fondamentale
importanza nella nostra alimentazione, esaltandone
le insostituibili, benefiche virtù.
CARATTERISTICHE DELL'OLIVO
Olea europea L.
Si trova spontaneo nelle zone marine ed è
ampiamente coltivato nella zona mediterranea,
raramente è al nord e abbondantemente nel
centro-sud. Non è particolarmente bisognoso
di cure e prospera in genere su un terreno
calcareo,secco, pietroso, esposto al sole
L'olivo possiede un apparato radicale molto
svíluppato ed esteso, capace di esplorare
un vasto tratto di terreno, in grado di insinuarsi
anche tra le rocce. Anche in terreni particolarmente
rocciosi si possono ottenere abbondanti produzioni,
di qualità finissima (i cosiddetti "
oli di sasso ").
L'olivo è un arbusto o un albero sempreverde
che può raggiungere anche i 10 metri di altezza.
Cresce molto lentamente e gli occorrono dai
5 agli 8 anni per produrre i suoi primi frutti,
ma è anche molto longevo e produttivo. I
rametti, sono più o meno quadrangolari; nelle
forme spontanee presentano spine, mentre
nelle forme coltivate sono inermi e tondeggianti.
Esistono esemplari che vantano oltre mille
anni: tra i più famosi, quello di Platone
ad Atene e, in Italia, più precisamente in
Toscana, a Magliano (provincia di Grosseto)
quello detto "della strega", con
più di dieci metri di circonferenza. La vecchiaia
di un olivo può essere valutata ad occhio,
in quanto più è vecchio, più il tronco assume
una forma irregolare e contorta
Le foglie sono opposte e brevemente picciolate.
Sono ovali-lanceolate; la pagina superiore
è verde scura , quasi lucida, 1'inferiore
argentea per la presenza di un fitto strato
di peli; è marcata solo la nervatura mediana;
il margine è intero e leggermente rivolto
verso il basso. L'apice è acuto e termina
in una piccola punta di consistenza coriacea.
I fiori sono riuniti in grappoli all'ascella
delle foglie dei rametti giovani; il calice,
è a forma di coppa e termina con quattro
piccoli denti; la corolla è imbutiforme,
divisa in quattro lobi ovali e di colore
bianco-avorio. Sono molto odorosi . Fioriscono
da Aprile a Giugno,ma la fioritura più ricca
e di miglior produzione sia per la qualità
che per la quantità è quella che non va oltre
ad Aprile.Il passaggio dal fiore al frutto
( limitatamente ai fiori fecondati,) avviene
in genere entro la fine di giugno
Il frutto è una drupa che pesa da 1 a 10
grammi (a seconda della varietà). All'esterno
la buccia (epicarpo) è sottile e ricopre
la polpa ricca di olio. All'interno è contenuto
un nocciolo legnoso in cui è posto il seme
(mandorla). Le olive si ingrossano da luglio
ad agosto ed il colore cambia da giallo a
verde. Alla fine dell'estate o ai primi d'autunno,
esse cominciano ad assumere il colore proprio
della varietà
Nel corso della maturazione il peso dell'oliva
aumenta progressivamente. In questo periodo
si innalza anche la percentuale in olio,
a discapito di quella dell'acqua. Quando
l'inoliazìone è avvenuta completamente, (novembre-gennaio),
ogni ulteriore rinvio della raccolta non
apporta alcun beneficio, né alla quantità
né alla qualità dell'olio. L'oliva è costituita
da acqua (circa il 35-50%), da olio ( circa
15-35% ) e dalle cosiddette materire solide
:cellulosa, zuccheri, proteine ( circa il
25-40% ). L'olio si trova finemente disperso
in microgoccioline dentro le cellule della
polpa e del nocciolo.
La droga sono le foglie e la corteccia.
Quando si raccoglie: Le foglie si possono
raccogliere tutto 1'anno, mentre la corteccia
in febbraio-marzo o in ottobre-novembre,
prelevandola dai rami eliminati con la potatura.
Per conservarle le foglie si essiccano all'ombra,
la corteccia si divide in pezzi lunghi 5-10
centimetri e si fa seccare al sole o in ambiente
riscaldato a temperatura non molto elevata;
sia le foglie che la corteccia si conservano
in sacchetti di carta o tela.
PROPRIETÀ DELLA DROGA: Febbrifughe, astringenti,
antiinfiammatorie, regolatrici della pressione
sanguigna
Indicazioni terapeutiche: Le foglie hanno
effetto ipotensivo, sono ipocolesterolemizzanti
e determinano una diminuzione délla glicemia.
Sono utilizzabili in infuso, decotto o estratto.
È dalle notissime olive (drupe carnose),
che si estrae l'olio usato nell'alimentazione.
Un grammo di olio fornisce 9 calorie; ( il
migliore è la qualità extravergine, ottenuta
per semplice spremitura delle olive senza
alcun tipo di trattamento chimico o trasformazione.
Fondamentale aliménto della cosiddetta dieta
mediterranea, 1'olio possiede numerose virtù
terapeutiche; facilita la diminuzione del
colesterolo presente nel sangue e un cucchiaio;
preso a digiuno, ha azione lassativa. L'olio
di oliva è utilizzato esternamente come lenitivo
ed emolliente; ed è particolarmente indicato
nelle pelli secche e screpolate e nelle scottature.
Un'ottima maschera per il viso, per pelli
delicate, screpolate, si può preparare unendo
carota, finemente tritata, e olio d'oli.
È importante lavare bene la carota; senza
però asportarne la pelle dato che è la parte
più ricca di principi attivi. Si amalgamano
quindi i due elementi sino a ottenere una
crema untuosa
Per uso esterno le foglie favoriscono la
cicatrizzazione, proteggono e tonificano
i vasi capillari.
Per lavare piaghe e ferite in casi di emergenza,
per i vasi superficiali dilatati, per le
emorroidi. Decotto: 6 g in 100 ml di acqua.
Fare lavaggi, applicare compresse sulle parti
interessate
Anche la corteccia ha proprietà febbrifughe.
Uso interno delle foglie
Per 1'ipertensione.
Infuso - 3 g in 100 ml di acqua. Due tazzine
al giorno.
Tintura - 20 g in 100 ml di alcool di 20°
(a macero per 5 giorni). Tre cucchiaini al
giorno.
Uso cosmetico
L'olio è un buon emolliente per pelli secche
e mitiga gli eritemi solari. Ricerche cosmetologiche
hanno permesso di applicare gli estratti
delle foglie di Olivo contro diversi inestetismi
della pelle.
LE MALATTIE DELL'OLIVO
L'olivo, come ogni altra specie di pianta,
è soggetta ad ammalarsi per una serie di
cause, che possono essere condizioni ambientali
sfavorevoli o cause insite nella costituzione
stessa della pianta (nel qual caso si parla
di malattie non parassitarie), oppure l'attacco
di parassiti animali o vegetali (malattie
parassitarie).Tra le condizioni ambientali
sfavorevoli possiamo citare l'umidità eccessiva
e protratta per troppo tempo, sia nel terreno
che nell'atmosfera. Si può ovviare a tale
inconveniente in primo luogo evitando di
piantare olivi in zone umide, oppure, dove
già esistano olivi, sistemando bene il terreno
con la creazione di canali di scolo e drenaggi.
Altri danni agli olivi possono essere causati
dal vento, che può spezzare i rami, far cadere
fiori e frutti e, in qualche caso, sradicare
le giovani piante, o dalla grandine che non
solo crea danni immediati ma, attraverso
le ferite inferte all'albero, favorisce l'instaurarsi
di infezioni batteriche come la rogna o la
tubercolosi dell'olivo. La grandine è particolarmente
dannosa quando colpisce nel periodo che va
dalla fioritura alla maturazione dei frutti.
Una delle principali cause di malattie non
parassitarie è però sempre la temperatura.
Una temperatura troppo alta in realtà produce
danni solo quando si accompagna a un persistente
siccità: a questi inconvenienti si può ovviare
intervenendo con l'irrigazione, lavorando
frequentemente il terreno, evitando di eccedere
nelle potature e imbiancando i fusti esposti
al sole con latte di calce.
Per quanto riguarda le basse temperature,
l'olivo comincia a soffrire appena il termometro
scende di 5° C sotto lo zero. Come già accennato,
l'olivo, pianta tipicamente mediterranea,
necessita di un clima relativamente mite
d'inverno, non eccessivamente caldo d'estate,
soprattutto senza grosse escursioni termiche.
Ciò nonostante l'olivo riesce a sopportare
temperature sino ai situazioni drammatiche,
vere e proprie calamità con danni, nella
migliore delle ipotesi, irreparabili prima
che siano trascorsi 4/5 anni. Per migliore
delle ipotesi si intende che il danno è subito
esclusivamente dal fogliame o tronco senza
nuocere alle radici.
Le malattie parassitarie
Sono invece svariate le malattie parassitarie
dell'olivo. Dopo la rogna o tubercolosi "occhio
di pavone", malattia molto diffusa che
colpisce principalmente le foglie, sulle
quali si formano macchie grigie con un alone
giallo (si manifesta in marzo/aprile e settembre/ottobre),
abbiamo la fumaggine, che interessa le foglie
ma anche i germogli di rami e i frutti giovani,
e si riconosce per lo strato fuligginoso
che ricopre le pareti della pianta; la carie
o lupa, malattia che si manifesta sul tronco,
sulla ceppaia, principalmente nelle piante
adulte (la consistenza legnosa tende ad alterarsi,
dando luogo a un tessuto bianco e spugnoso
che assorbe acqua); la lebbra, assai diffusa
nelle regioni meridionali, che viene trasmessa
da un fungo che colpisce le drupe facendole
via via cadere (l'olio ricavato dalla molitura
di queste olive presenta elevata acidità
e un colore alterato); il mal bianco delle
radici o marciume radicale, malattia dovuta
a un fungo che vive sul legno morto come
su quello vivo e attacca le radici e le parti
sotterranee. Un notevole pericolo è rappresentato
poi dalla mosca delle olive, certamente l'insetto
più dannoso, specie nelle regioni calde:
in alcune annate è riuscita a distruggere
i nove decimi del raccolto. Abbiamo quindi
la tigna dell'olivo, trasmessa da una piccola
farfalla (stadio adulto) color bianco cenerino
con macchie scure su ciascuna ala, le cui
larve sono color verde con il capo rossiccio
e la cui crisalide, color marrone, è lunga
5 millimetri.
Questo insetto si presenta perciò in tre
generazioni che attaccano rispettivamente
foglie, fiori e frutti. 1 danni maggiori
sono però causati dalla terza generazione,
che provoca la caduta delle olive. Altri
insetti che causano danni agli olivi sono:
la margarina, un lepidottero meno diffuso
della tignola, ma che normalmente reca danni
rilevanti anche se su estensioni ridotte;
la rinchite dell'olivo, un coleottero di
piccole dimensioni di colore rossastro molto
diffuso negli oliveti della Puglia, che compare
adulto in primavera e si nutre prima delle
foglie, quindi dei fiori in boccio e, infine,
delle olive quando sono ancora piccolissime;
il liotripide, piccolo insetto di color nero
lucente che raggiunge i 3-4 millimetri e
che compare alla fine di marzo, facendo cadere
anzitempo le olive danneggiate dalle sue
punture; il pleotribo o punteruolo, un piccolo
tarlo di 2 millimetri di lunghezza, color
bianco bruno, che si presenta in primavera
e scava nel tronco dell'albero delle gallerie
in cui depone le uova (attacca in modo particolare
le piante già deboli e sofferenti); la cotonella
o bambacella dell'olivo, il cui aspetto richiama
quello di una cicala in miniatura.
Vi sono infine tre tipi di cocciniglia: la
cocciniglia gobbocarenata, detta anche grano
di pepe, che attacca generalmente gli olivi
vigorosi con forte vegetazione; la cocciniglia
tubercolata o pollinia, la cui femmina, di
color giallo, vive in colonie, preferibilmente
su rametti già lesionati di cui succhia la
linfa; e la cocciniglia cotonosa, che si
presenta come un piccolo bozzolo bianco e
oblungo, di circa 6 millimetri. Anche questo
insetto predilige le piante deboli che crescano
in luoghi ombrosi e poco aerati.
LA RACCOLTA DELLE OLIVE
La raccolta delle olive deve avvenire a completa
maturazione dei frutti (novembre-gennaio
) e per ottenere un olio di buona qualità
bisogna:
- scegliere le varietà più adatte;
- controllare lo stato sanitario delle drupe;
- effettuare la raccolta nel periodo giusto;
- conservare le olive e 1' olio in locali
e recipienti idonei. Il metodo di raccolta
può essere effettuato con diversi sistemi:
La brucatura a mano é il miglior metodo di
raccolta. Si staccano le drupe con le mani
direttamente dalla pianta, ponendole poi
in ceste. E' il metodo più costoso, ma riduce
al minimo le perdite.
Le olive, invece di essere deposte nelle
ceste, si possono far cadere su un telo disposto
tutt'intorno all'altezza del fusto, ma si
corre il rischio che le drupe si ammacchino.
La brucatura si può effettuare con un pettine
( rastrello di legno ), o con speciali guanti
o ventagli a pettine, che permettono di ripulire
i rami delle olive, facendole cadere in un
telo ai piedi della pianta. E' un metodo
efficace, ma rende necessaria la separazione
delle foglie e delle olive guaste da quelle
sane.
Si può anche scrollare 1'albero determinando
la caduta sul telo delle olive mature, ma
si ha una resa qualitativa peggiore.
Percotendo i rami ( bacchiatura ) si ammaccano
i frutti e si deve effettuare la separazione
dei corpi estranei caduti; la pianta inoltre
soffre perché si lacera la corteccia.
Se si raccolgono le olive cadute ( raccattatura
) per maturazione, vengono raccolte anche
quelle troppo mature e quelle danneggiate,
pertanto ne deriva un prodotto di qualità
scadente. L'olio è acido ed ossidabile (non
dimentichiamo che una grossa percentuale
di queste olive risulta contaminata da muffe
o batteri).
Esistono macchine ( sistema meccanico ) capaci
di effettuare lo scuotimento e la raccolta
delle olive che vengono poste in un sacco.
In questo modo il personale è fortemente
ridotto, ma le radici della pianta soffrono
per le continue vibrazioni.
TRASPORTO E CONSERVAZIONE
Dopo che sono state raccolte, le olive devono
essere trasportate al frantoio. Il trasporto
delle olive deve essere effettuato in ceste
o cassette a pareti rigide per evitare di
danneggiarle.
Le olive ammassate e compresse, nel trasporto
potrebbero facilmente alterarsi, compromettendo
la qualità dell'olio. Dopo la raccolta infatti
i frutti continuano a svolgere, lentamente,
le loro attività metaboliche, e queste vengono
favorite se le olive sono ammassate senza
una sufficiente circolazione d'aria.
In questo modo, infatti si alza la temperatura
della massa, che ammuffisce ed inacidisce.
Tale fenomeno si accentua se le drupe sono
lesionate, con conseguente fuoriuscita di
succo.
E' necessario in questo caso lavorare le
olive il giorno stesso della raccolta, anche
se i risultati non saranno ottimi.
Anche se conservati in condizioni ottimali,
le drupe sono soggette a fenomeni di alterazione
dei loro componenti, per un naturale processo
di respirazione del frutto.
Se le olive non potessero essere lavorate
subito, è bene conservarle disponendole su
graticci sovrapponibili che permettono un
buona aerazione.