Site hosted by Angelfire.com: Build your free website today!

LA FILIERA DELL'OLIO D'OLIVA


L'albero d'olivo

Prof. Marina Roncallo


La Filiera dell'olio d'oliva

La costa ligure, per clima e territorio, costituisce l'ambiente ideale per l'olivo, pianta preziosa, carica di significative valenze in campo sia culturale, sia pratico - produttivo, di cui vengono utilizzati frutti, foglie e tronco.
Si partirà, dunque, dalla descrizione botanica, per giungere alla conoscenza di tradizioni, leggende, ricette, sistemi produttivi, che riguardano l'olivo e l'utilizzo dell'olio.
Si indica di seguito l'impostazione di massima, che il lavoro in oggetto prevede:
1) Antichità dell'Olivo
2) Caratteristiche dell'olivo
3) Le malattie dell'olivo
4) Produzione dell'olio
5) L'olio d'oliva nella cucina ligure con particolare riferimento al pesto.



ANTICHITA' DELL'OLIVO

Esiste una stretta relazione tra la storia dell'uomo e quella dell'ulivo: in ambito biblico, ad esempio, questa pianta fu il simbolo della vita e della speranza quando, al termine del diluvio universale, la colomba con un ramoscello nel becco si mostrò a Noè, per annunciargli la ritrovata quiete. Adamo, giunto al termine della vita, chiese a Dio di concedergli " l'olio della Misericordia", dono che gli era stato promesso prima dell'abbandono dell'Eden. Il figlio Seth , dopo aver ricevuto da un angelo tre semi dell'albero del bene e del male, li posò sulla bocca del padre, al momento della sepoltura, e presso la tomba spuntò un olivo. Un antichissimo mito greco narra la famosa gara tra gli Dei dell'Olimpo, per il predominio d'Atene e dell'Attica. Zeus stabilì che avrebbe consegnato l'ambito primato al Dio che avesse offerto agli uomini il dono più utile. Atene e Poseidone superarono gli altri dei nella gara, imponendosi come antagonisti privilegiati. Zeus decise di premiare Atena, che aveva fatto crescere un albero fino ad allora sconosciuto: l'olivo, fondamentale e prezioso al punto di assumere molteplici valori simbolici. Un'altra leggenda narra che Aristeo fu il primo a ricavare l'olio, spremendo le olive; trasmise, quindi, ai popoli del Mediterraneo l'arte della coltivazione dell'insostituibile pianta.
Un mito racconta che dalla Fenicia l'olivo fu esportato in Grecia da una colomba: da quel giorno, nel santuario di Zeus, ad Olimpia, furono adorati gli olivi sacri. Ercole piantò un olivo ai piedi del monte Olimpo, sacra dimora degli dei. Diana e Apollo vennero alla luce sotto le fronde di un olivo, che da allora fu venerato. I vincitori delle Olimpiadi erano incoronati con rami d'ulivo, provenienti da Olimpia, come segno tangibile di gloria perenne. Anche nell'antico Testamento l'olio è il simbolo della benedizione divina: unisce l'uomo a Dio, tramite il gesto sacrale dell'unzione; inoltre scandisce il passaggio dalla morte all'eternità. Nella cultura cristiana, l'olio e l'olivo conservano il valore sacro, che rivestivano in quella pagana ( basti ricordare l'unzione degli infermi). Gli antichi pagani agitavano rami d'olivo, come atto propiziatorio e come manifestazione di grazia; i seguaci di Gesù compirono lo stesso gesto per accoglierlo quando, dopo essere sceso dal monte degli olivi, si diresse verso Gerusalemme. Con tale atto, i fedeli riconobbero ufficialmente in lui il Messia e lo acclamarono come tale. Ancora adesso i credenti, la domenica della palme, portano nelle loro case i rami di ulivo benedetto. L'olio inoltre è fondamentale, nella cultura ebraica, come gesto simbolico dell'unzione e tale è il significato della parola ebraica Messia e di quella greca Kristos. Sovrani, sacerdoti, profeti erano consacrati con una goccia d'olio, in luoghi sacri e nel corso di cerimonie religiose, per sottolineare agli occhi di tutti la valenza divina di quella scelta. L'olio era utilizzato nelle cerimonie, poiché ritenuto superiore alle altre pozioni: significava onore e, quindi, dimostrava che la dignità di re e sacerdoti, superiore a tutte le altre, doveva essere onorata, in quanto voluta da Dio. Secondo la liturgia cattolica, l'olivo viene usato al momento del battesimo, durante la consacrazione dei sacerdoti e nelle cerimonie di consacrazione dei sovrani. Con l'olio degli infermi viene impartita l'estrema unzione ai moribondi, mentre il crisma viene usato dal Vescovo per segnare la fronte di chi si accosta al sacramento della Cresima.
Presso i Romani i rami dell'olivo, albero sacro di Minerva e di Apollo, si usavano per incoronare sia coloro che si erano distinti per particolari meriti patriottici, sia gli sposi, al momento delle nozze, sia i morti, vincitori nella lotta della vita umana, come descrivono alcuni autori latini. Durante le cerimonie religiose degli antichi pagani, le sacerdotesse di divinità agresti o campestri spargevano gocce d'olio sull'altare in offerta agli dei, mentre i contadini ungevano le lame degli aratri, per propiziare gli dei, al fine di ottenere un abbondante raccolto.
I più antichi coltivatori dell'olivo furono i popoli semitico-camitici, stanziati a sud del Caucaso, a ovest dell'altopiano iranico. Fu il primo albero a essere curato dalle popolazioni del Mediterraneo. Nell'età antica, era diffuso in Mesopotamia, in Egitto, a Creta e in Palestina. Nel 1000 a.C. già esistevano i frantoi, formati da due grandi pietre, una concava, che conteneva le olive, e l'altra convessa, che, mentre girava, le comprimeva. Il più antico frantoio esistente fu trovato in Grecia, nell'isola di Santorino. Nell'800 e nel 700 a.C. la coltivazione dell'olivo si diffuse enormemente in Grecia e sulle coste dell'Africa settentrionale, bagnate dal Mediterraneo. I mercanti greci e quelli fenici esportano la pianta, che venne coltivata sulle coste della Sicilia, della Spagna, nella nostra penisola e in Provenza. L'olio fu un elemento di fondamentale importanza nella civiltà greca: indispensabile per la nutrizione, soprattutto quando scarseggiavano i generi alimentari; utilissimo per scopi terapeutici; fonte di ricchezza economica, grazie alle esportazioni; elemento essenziale per lampade e torce.
Sradicare un albero sacro significava compiere un atto empio, che poteva essere punito con la pena capitale; successivamente, con la condanna all'esilio e la confisca dei beni. Neppure gli alberi secchi potevano essere sradicati, poiché si credeva che gli olivi sacri avessero la facoltà di rinascere e fiorire. Sofocle, nell' " Edipo a Colono", esaltò l'olivo con tali versi:

Albero invitto che da sé rinasce,
terrore delle lance nemiche;
in questa terra cresce in gran copia
la glauca foglia dell'olivo
nutritore dei nostri figli.
Né mai un condottiero nemico,
giovane o carico d'anni,
riuscirà a distruggerlo:
infatti Zeus protettore
sempre lo contempla ed Atena dagli occhi cerulei


Anche Omero nei suoi poemi citò l'olivo: lo assurse a simbolo di pace e di vita, o lo rese strumento atto a infliggere la giusta punizione, la morte. Era d'ulivo il gigantesco tronco per mezzo del quale Polifemo venne accecato da Ulisse e dai suoi compagni. Il re di Itaca costruì per sè e per Penelope il letto nuziale, scavandolo nel tronco stesso di una possente pianta d'olivo, simbolo di un'unione salda e duratura. Quando egli ritornò nella sua terra, dopo lunghe peregrinazioni, fu riconosciuto da Penelope, anche in virtù del fatto che seppe descrivere, con estrema precisione, l'insolito talamo da lui realizzato. Analogamente la bara di Ulisse fu costruita in legno d'ulivo.
In Grecia, dopo ogni bagno, era abitudine ungersi e massaggiare la pelle con olio profumato, che impediva alla pelle di disseccare, ammorbidendola. Gli atleti, prima di cimentarsi nella lotta e nella corsa, si cospargevano di olio allo scopo di riscaldare i muscoli con un massaggio tonificante e di difendersi dal freddo. Con l'olio si alimentavano le lampade che illuminavano le abitazioni e le celle dei templi. Ad Atene si consumavano frittelle di farina, miele e olio. Il pesce bollito si gustava con una salsa preparata con olio, rosso d'uovo, aglio, formaggio. Un altro piatto molto ricercato ad Atene era la salsa bianca, ottenuta con olio, aceto, sale e porri. I soldati in guerra si cibavano più semplicemente di pallottole di farina e olio, consumate crude.
I Romani privilegiavano la coltivazione dell'olivo, considerandolo " la prima fra tutte le piane", come sosteneva Columella, nel I secolo dopo Cristo. Col crescere delle richieste d'olio, aumentava la produzione. I popoli sottomessi dovevano versare pesanti tributi in olio e le zone che si affacciavano sul Mediterraneo, dominate dai Romani, erano suddivise in " province olearie". Plutarco, esaltando la vittoria di Cesare in Africa, sottolineava che la conquista di quel vasto territorio permetteva di ottenere almeno tre milioni di litri d'olio. Il trasporto avveniva per mezzo di grandiose flotte costituite da navi "olearie". Fu fondata,inoltre, l'arca olearia, una specie di borsa dell'olio: lì i commercianti e gli importatori decidevano i prezzi e le quantità, attenendosi a precise direttive. Illustri personaggi come Orazio, Virgilio, Catone, Varrone trattarono il tema dell'olivicoltura. Secondo Catone, dovevano avvenire velocemente sia la raccolta, sia la spremitura delle olive. Virgilio, invece, riteneva che fosse necessario rispettare i ritmi della natura.
L'olivo e la vite costituivano anche nell'antichità la maggior fonte di ricchezza economica e commerciale dell'agricoltura mediterranea.
I Romani classificarono diverse categorie d'olio: Oleum ex albis ulivis, il Viride e il Maturum e il Caducum.
Anche per loro, costituiva un ingradiente indispensabile nella preparazione dei cibi. Era utilizzato per intingoli e salse; se ne usava abbondantemente per condire pesci, volatili, cacciagione, carni di capre, pecore. Sempre con l'olio si insaporivano frutti ed ortaggi, che spesso erano serviti assieme a dei fiori. Columella ci ha lasciato ricette per la consumazione e la preparazione delle olive, che si servivano come antipasto; si conservavano in anfore e costituivano una leccornia di cui molti erano particolarmente ghiotti. Columella consigliava di coprire completamente di sale grosso le olive nere; bisognava poi aspettare per trenta giorni. Successivamente, le olive andavano pulite con una spugna e disposte in un vaso, con vino cotto. Infine, si doveva stendere il tutto sopra uno strato di finocchio e chiudere il contenitore. La ricetta del pesto di olive, che ancora oggi è conosciuta dalla cucina mediterranea in generale e in particolare da quella ligure, risale all'epoca romana. A Roma, il pesto si serviva come antipasto, ad Atene era venduto anche per strada. Le olive erano schiacciate fino a formare una pasta; si aggiungevano sale, finocchio, anice, cumino e molto olio. Nell'antica Roma si diceva che l'uso dell'olio di oliva giovasse alla salute e permettesse all'uomo di vivere più a lungo. Plinio il Vecchio raccolse ricette curative molto diffuse in ambito popolare: le foglie si usavano schiacciate, assieme all'olio, e erano applicate per guarire ulcere e mali di testa; il decotto d'olio e miele si utilizzava per eliminare le infiammazioni; il succo era utile per gli occhi e si otteneva unendo alle foglie schiacciate un po' di vino e acqua piovana. Si ricavavano pastiglie con le foglie secche. L'acqua che usciva dal tronco dell'ulivo bruciato verde era usata a sua volta, come cicatrizzante.
Verso il III d.C. vi fu in tutta Europa una crisi politica, sociale ed economica molto grave, che investì anche l'agricoltura. Le campagne affidate agli schiavi, offrivano prodotti in quantità minore e di qualità inferiore rispetto a quanto avveniva in precedenza. Decadde la coltura specializzata del vino e dell'olio. Con le frequenti e demagogiche distribuzioni gratuite di generi alimentari da parte degli imprenditori al popolo, si esaurirono ben presto le provviste immagazzinate, comprese quelle di olio nostrano. Roma dovette, così, importare dalle sue province, Spagna e Africa soprattutto, enormi quantità d'olio, per soddisfare le richieste della popolazione. Con la caduta dell'impero Romano d'Occidente ( 476 d.C.) e le invasioni barbariche, si verificò una grave crisi nelle comunicazioni, nei trasporti e di conseguenza, nelle attività commerciali, che in certi casi si fermarono; l'olivo, non più considerato un albero sacro, divenne una pianta di scarsa rilevanza e la sua cura decadde a livello sociale, restando affidata solo all'iniziativa dei singoli.
L'olivo necessita della costante cura dell'uomo. Nel periodo dell'alto Medioevo, quando infuriavano le guerre ed i contadini dovevano abbandonare i campi, la coltivazione dell'olivo fu trascurata. Le continue invasioni danneggiarono l'agricoltura e resero improduttivi i campi. In molte zone l'olivo tornò allo stato selvatico, crebbe nei boschi e quasi scomparve nelle sue forme coltivate. Nel VII e VIII secolo d.C. pochi esemplari di olivo erano coltivati in appezzamenti di terreno, che i proprietari affidavano ai contadini, dove si produceva quanto era necessario alla sussistenza delle famiglie che vi abitavano. Si preferiva la coltivazione della vite, che permetteva guadagni immediati. Il proprietario assegnava al coltivatore un terreno generalmente ricoperto da boschi o incolto. Occorreva un lungo lavoro perché la zona fosse disboscata e resa coltivabile;si doveva, poi, piantare la vite e costruire una dimora per la famiglia. La coltivazione dell'olivo fu trascurata, perché non avrebbe garantito alcuna rendita, per un periodo variabile dai sette ai 25 anni: tanti ne occorrevano perché la pianta potesse crescere e dare frutti. In più si sapeva che questo robusto albero, che avrebbe potuto vivere per migliaia di anni, sarebbe anche potuto morire in brevi giorni a causa del gelo. L'olio andava, inoltre, protetto dai furti o dai danni causati da gli animali dei boschi vicini. Si rendevano, dunque, indispensabili dispendiose recinzioni e difese. Soltanto i grandi proprietari terrieri possedevano oliveti ben recintati. In particolar modo, i monasteri godevano di una disponibilità di mezzi tale da assicurarsi il possesso di un oliveto. La Chiesa necessitava dell'olio per le funzioni sacre, oltre che per l'illuminazione dei luoghi di culto, delle case religiose e per il consumo delle congregazioni stesse. Secondo la tradizione popolare, furono i Benedettini i primi a coltivare l'olio in Liguria. Alcuni storici ritengono, invece, che siano stati i Crociati di ritorno dalla Palestina ad introdurre l'olivo nella medesima regione. Altri, infine, credono che l'olivo sia stato portato in epoca romana, quando i Greci di Focea andarono in Provenza per fondarvi colonie. Nell'età feudale, l'olio si trovava anche in grandi fattorie-fortezza , situate sulle colline della Toscana e abitate da numerose famiglie. Nel XII secolo si diffuse nuovamente la coltivazione dell'olivo e, col passare dei secoli, crebbe sempre più la produzione di olio. Si stipularono nuovi contratti di lavoro con i contadini: l'appezzamento venne assegnato loro per sempre, mentre al proprietario spettava una parte dei prodotti o del denaro. Il coltivatore riteneva vantaggiosa anche la coltivazione dell'olivo, mentre il proprietario terriero spesso decideva di fare investimento, piantando numerosi uliveti. Si diffuse la piccola e media proprietà. Dalle mura dei borghi si curavano gli uliveti delle comunità sulle colline circostanti. Sorsero i primi poderi, in particolar modo nel centro Italia, dove si produceva quanto era necessario per la sopravvivenza della famiglia. Con l'aumento della popolazione, si svilupparono le città e si incrementarono i commerci. Con la crescita economica, si avvertì più forte il bisogno di migliorare l'alimentazione; di conseguenza, aumentò anche la domanda d'olio. Nell'età dei liberi Comuni, richiedevano grandi q.tà di olio anche le industrie di lana e quelle del sapone, che andavano acquisendo importanza sempre crescente. Si intensificò, così, la produzione nella nostra penisola; si giunse a non importare più olio e a esportarne in abbondanza, in direzione Oriente e Nord. Fu un veneziano, un certo Voltani, il primo che si occupò dell'esportazione dell'olio prodotto nella nostra Penisola, verso i luoghi più lontani. Nel XII secolo controllava il mercato oleario fino a Corinto, Tebe, Bisanzio. La repubblica di Venezia si arricchì enormemente con il commercio del pregiato prodotto, controllando l'Adriatico e l'Oriente. Un'altra repubblica marinara, Genova, era dedita al commercio dell'olio fino in Spagna, in Provenza e in Africa. In Liguria e nel Sud dell'Italia, si diffusero gli uliveti, ad opera dei frati Olivetani e Circensi. Alla fine del Medioevo toccò il culmine la produzione d'olio, che perdurò per tutta l'età rinascimentale. Nel Medioevo l'uso dell'olio a tavola era molto limitato: al suo posto si utilizzavano, come condimenti, soprattutto il lardo e lo strutto. Con l'olio si insaporivano i cibi crudi, ma solo i ceti più abbienti se lo potevano permettere. Il medesimo era di fondamentale importanza per i navigatori, che lo consumavano quotidianamente, cibandosi essenzialmente di carne salata, gallette e pesce seccato. Se ne consigliava l'uso agli anziani. Veniva utilizzato durante la Quaresima e nei cosiddetti giorni di "magro". Consultando i primi libri di cucina, è possibile constatare che nel Sud si prediligeva l'olio d'oliva; tuttavia anche i ceti più poveri usavano lardo e strutto, tranne che in Puglia. Nel corso del 1500 e del 1600, l'agricoltura fu colpita da un'altra grave crisi. In tutta l'area geografica del Mediterraneo, soprattutto nel nostro Mezzogiorno, con la dominazione spagnola, i raccolti furono pessimi con l'eccezione della Sardegna e della Toscana, regioni in cui la produzione d'olio rimase stabile. In Sardegna, un viceré Spagnolo, tale G. Vivas, favorì la coltivazione dell'olivo; in Toscana i Granduchi, Cosimo I in particolare, diedero impulso all'agricoltura. Nel 700, vi fu un'enorme e generalizzata richiesta d'olio. La popolazione aumentava e l'olio era ritenuto indispensabile per l'uso giornaliero di ogni famiglia. Le industrie si moltiplicavano e richiedevano olio, in particolare quelle tessili, della lana e del sapone. I Paesi privo del " dono degli dei", come l'Inghilterra, la Francia, i Paesi Bassi, la Russia, i Principati Tedeschi, si diressero verso la nostra penisola, per soddisfare le loro richieste. L'olio del Sud era particolarmente apprezzato e ricercato anche dalle nazioni più lontane. Il prezzo dell'olio crebbe enormemente; i grandi esportatori della nostra penisola, in particolare i Veneziani, poterono arricchirsi considerevolmente con il commercio del pregiato prodotto. Anche in Liguria come nel Meridione dell'Italia, la coltivazione dell'olivo venne intensificata al massimo, con la conseguenza che esso divenne il prodotto più importante dell'agricoltura e conquistò il primo posto nella scala delle esportazioni. In Toscana, dopo un gelido inverno, quello del 1709, che causò un danno enorme all'agricoltura, riprese rapidamente la coltivazione dell'olivo considerato " l'albero più utile allo stato". In Provenza le olive cominciarono a essere consumate a tavola. L'olio rimase presente nei libri di medicina: era usato per curare le coliche, gli avvelenamenti, la stitichezza. Anche nell'800, la coltivazione continuò ad aumentare sulle nostre colline: l'olio era necessario per alimentare le lampade, per nutrire la popolazione in forte crescita e per soddisfare la richieste provenienti dall'industria, in continuo sviluppo. L'olivo, considerato un buon investimento, si curava persino nelle piccole e medie proprietà, grazie anche all'intervento di alcuni Stati, come quello della Chiesa, che ne favoriva la coltivazione, elargendo premi in denaro a quanti piantassero e coltivassero gli ulivi. Le colline umbre, tra il 1830 e il 1480, si ricoprirono in tal modo di uliveti. Nonostante qualche cattiva annata, dovuta a condizioni climatiche sfavorevoli o a malattie nelle piante, la coltivazione dell'olivo continuò a estendersi, tanto che, alla fine dell'800, era praticata in più di due terzi delle province italiane. La produzione dell'olio in Italia continuò nel '900, con annate più o meno buone. Negli anni '50, nel nostro Paese si presero a modello le abitudini alimentari americane, che privilegiarono i grassi animali: aumentò il consumo del burro e della margarina industriale. Tuttavia, col tempo, la moda passò e riacquistò valore l'alimentazione naturale, con la conseguenza che l'olio fu nuovamente al primo posto nella tavola italiana. Oggi, l'olivicoltura costituisce un'attività fiorente nel nostro Paese, mentre dietologi e nutrizionisti ne ribadiscono la fondamentale importanza nella nostra alimentazione, esaltandone le insostituibili, benefiche virtù.



CARATTERISTICHE DELL'OLIVO

Olea europea L.


Si trova spontaneo nelle zone marine ed è ampiamente coltivato nella zona mediterranea, raramente è al nord e abbondantemente nel centro-sud. Non è particolarmente bisognoso di cure e prospera in genere su un terreno calcareo,secco, pietroso, esposto al sole
L'olivo possiede un apparato radicale molto svíluppato ed esteso, capace di esplorare un vasto tratto di terreno, in grado di insinuarsi anche tra le rocce. Anche in terreni particolarmente rocciosi si possono ottenere abbondanti produzioni, di qualità finissima (i cosiddetti " oli di sasso ").
L'olivo è un arbusto o un albero sempreverde che può raggiungere anche i 10 metri di altezza. Cresce molto lentamente e gli occorrono dai 5 agli 8 anni per produrre i suoi primi frutti, ma è anche molto longevo e produttivo. I rametti, sono più o meno quadrangolari; nelle forme spontanee presentano spine, mentre nelle forme coltivate sono inermi e tondeggianti. Esistono esemplari che vantano oltre mille anni: tra i più famosi, quello di Platone ad Atene e, in Italia, più precisamente in Toscana, a Magliano (provincia di Grosseto) quello detto "della strega", con più di dieci metri di circonferenza. La vecchiaia di un olivo può essere valutata ad occhio, in quanto più è vecchio, più il tronco assume una forma irregolare e contorta
Le foglie sono opposte e brevemente picciolate. Sono ovali-lanceolate; la pagina superiore è verde scura , quasi lucida, 1'inferiore argentea per la presenza di un fitto strato di peli; è marcata solo la nervatura mediana; il margine è intero e leggermente rivolto verso il basso. L'apice è acuto e termina in una piccola punta di consistenza coriacea.
I fiori sono riuniti in grappoli all'ascella delle foglie dei rametti giovani; il calice, è a forma di coppa e termina con quattro piccoli denti; la corolla è imbutiforme, divisa in quattro lobi ovali e di colore bianco-avorio. Sono molto odorosi . Fioriscono da Aprile a Giugno,ma la fioritura più ricca e di miglior produzione sia per la qualità che per la quantità è quella che non va oltre ad Aprile.Il passaggio dal fiore al frutto ( limitatamente ai fiori fecondati,) avviene in genere entro la fine di giugno




Il frutto è una drupa che pesa da 1 a 10 grammi (a seconda della varietà). All'esterno la buccia (epicarpo) è sottile e ricopre la polpa ricca di olio. All'interno è contenuto un nocciolo legnoso in cui è posto il seme (mandorla). Le olive si ingrossano da luglio ad agosto ed il colore cambia da giallo a verde. Alla fine dell'estate o ai primi d'autunno, esse cominciano ad assumere il colore proprio della varietà


Nel corso della maturazione il peso dell'oliva aumenta progressivamente. In questo periodo si innalza anche la percentuale in olio, a discapito di quella dell'acqua. Quando l'inoliazìone è avvenuta completamente, (novembre-gennaio), ogni ulteriore rinvio della raccolta non apporta alcun beneficio, né alla quantità né alla qualità dell'olio. L'oliva è costituita da acqua (circa il 35-50%), da olio ( circa 15-35% ) e dalle cosiddette materire solide :cellulosa, zuccheri, proteine ( circa il 25-40% ). L'olio si trova finemente disperso in microgoccioline dentro le cellule della polpa e del nocciolo.
La droga sono le foglie e la corteccia.

Quando si raccoglie: Le foglie si possono raccogliere tutto 1'anno, mentre la corteccia in febbraio-marzo o in ottobre-novembre, prelevandola dai rami eliminati con la potatura.
Per conservarle le foglie si essiccano all'ombra, la corteccia si divide in pezzi lunghi 5-10 centimetri e si fa seccare al sole o in ambiente riscaldato a temperatura non molto elevata; sia le foglie che la corteccia si conservano in sacchetti di carta o tela.
PROPRIETÀ DELLA DROGA: Febbrifughe, astringenti, antiinfiammatorie, regolatrici della pressione sanguigna
Indicazioni terapeutiche: Le foglie hanno effetto ipotensivo, sono ipocolesterolemizzanti e determinano una diminuzione délla glicemia. Sono utilizzabili in infuso, decotto o estratto. È dalle notissime olive (drupe carnose), che si estrae l'olio usato nell'alimentazione. Un grammo di olio fornisce 9 calorie; ( il migliore è la qualità extravergine, ottenuta per semplice spremitura delle olive senza alcun tipo di trattamento chimico o trasformazione. Fondamentale aliménto della cosiddetta dieta mediterranea, 1'olio possiede numerose virtù terapeutiche; facilita la diminuzione del colesterolo presente nel sangue e un cucchiaio; preso a digiuno, ha azione lassativa. L'olio di oliva è utilizzato esternamente come lenitivo ed emolliente; ed è particolarmente indicato nelle pelli secche e screpolate e nelle scottature. Un'ottima maschera per il viso, per pelli delicate, screpolate, si può preparare unendo carota, finemente tritata, e olio d'oli. È importante lavare bene la carota; senza però asportarne la pelle dato che è la parte più ricca di principi attivi. Si amalgamano quindi i due elementi sino a ottenere una crema untuosa
Per uso esterno le foglie favoriscono la cicatrizzazione, proteggono e tonificano i vasi capillari.
Per lavare piaghe e ferite in casi di emergenza, per i vasi superficiali dilatati, per le emorroidi. Decotto: 6 g in 100 ml di acqua. Fare lavaggi, applicare compresse sulle parti interessate
Anche la corteccia ha proprietà febbrifughe.
Uso interno delle foglie
Per 1'ipertensione.
Infuso - 3 g in 100 ml di acqua. Due tazzine al giorno.
Tintura - 20 g in 100 ml di alcool di 20° (a macero per 5 giorni). Tre cucchiaini al giorno.
Uso cosmetico
L'olio è un buon emolliente per pelli secche e mitiga gli eritemi solari. Ricerche cosmetologiche hanno permesso di applicare gli estratti delle foglie di Olivo contro diversi inestetismi della pelle.



LE MALATTIE DELL'OLIVO
L'olivo, come ogni altra specie di pianta, è soggetta ad ammalarsi per una serie di cause, che possono essere condizioni ambientali sfavorevoli o cause insite nella costituzione stessa della pianta (nel qual caso si parla di malattie non parassitarie), oppure l'attacco di parassiti animali o vegetali (malattie parassitarie).Tra le condizioni ambientali sfavorevoli possiamo citare l'umidità eccessiva e protratta per troppo tempo, sia nel terreno che nell'atmosfera. Si può ovviare a tale inconveniente in primo luogo evitando di piantare olivi in zone umide, oppure, dove già esistano olivi, sistemando bene il terreno con la creazione di canali di scolo e drenaggi. Altri danni agli olivi possono essere causati dal vento, che può spezzare i rami, far cadere fiori e frutti e, in qualche caso, sradicare le giovani piante, o dalla grandine che non solo crea danni immediati ma, attraverso le ferite inferte all'albero, favorisce l'instaurarsi di infezioni batteriche come la rogna o la tubercolosi dell'olivo. La grandine è particolarmente dannosa quando colpisce nel periodo che va dalla fioritura alla maturazione dei frutti. Una delle principali cause di malattie non parassitarie è però sempre la temperatura. Una temperatura troppo alta in realtà produce danni solo quando si accompagna a un persistente siccità: a questi inconvenienti si può ovviare intervenendo con l'irrigazione, lavorando frequentemente il terreno, evitando di eccedere nelle potature e imbiancando i fusti esposti al sole con latte di calce.
Per quanto riguarda le basse temperature, l'olivo comincia a soffrire appena il termometro scende di 5° C sotto lo zero. Come già accennato, l'olivo, pianta tipicamente mediterranea, necessita di un clima relativamente mite d'inverno, non eccessivamente caldo d'estate, soprattutto senza grosse escursioni termiche. Ciò nonostante l'olivo riesce a sopportare temperature sino ai situazioni drammatiche, vere e proprie calamità con danni, nella migliore delle ipotesi, irreparabili prima che siano trascorsi 4/5 anni. Per migliore delle ipotesi si intende che il danno è subito esclusivamente dal fogliame o tronco senza nuocere alle radici.
Le malattie parassitarie
Sono invece svariate le malattie parassitarie dell'olivo. Dopo la rogna o tubercolosi "occhio di pavone", malattia molto diffusa che colpisce principalmente le foglie, sulle quali si formano macchie grigie con un alone giallo (si manifesta in marzo/aprile e settembre/ottobre), abbiamo la fumaggine, che interessa le foglie ma anche i germogli di rami e i frutti giovani, e si riconosce per lo strato fuligginoso che ricopre le pareti della pianta; la carie o lupa, malattia che si manifesta sul tronco, sulla ceppaia, principalmente nelle piante adulte (la consistenza legnosa tende ad alterarsi, dando luogo a un tessuto bianco e spugnoso che assorbe acqua); la lebbra, assai diffusa nelle regioni meridionali, che viene trasmessa da un fungo che colpisce le drupe facendole via via cadere (l'olio ricavato dalla molitura di queste olive presenta elevata acidità e un colore alterato); il mal bianco delle radici o marciume radicale, malattia dovuta a un fungo che vive sul legno morto come su quello vivo e attacca le radici e le parti sotterranee. Un notevole pericolo è rappresentato poi dalla mosca delle olive, certamente l'insetto più dannoso, specie nelle regioni calde: in alcune annate è riuscita a distruggere i nove decimi del raccolto. Abbiamo quindi la tigna dell'olivo, trasmessa da una piccola farfalla (stadio adulto) color bianco cenerino con macchie scure su ciascuna ala, le cui larve sono color verde con il capo rossiccio e la cui crisalide, color marrone, è lunga 5 millimetri.
Questo insetto si presenta perciò in tre generazioni che attaccano rispettivamente foglie, fiori e frutti. 1 danni maggiori sono però causati dalla terza generazione, che provoca la caduta delle olive. Altri insetti che causano danni agli olivi sono: la margarina, un lepidottero meno diffuso della tignola, ma che normalmente reca danni rilevanti anche se su estensioni ridotte; la rinchite dell'olivo, un coleottero di piccole dimensioni di colore rossastro molto diffuso negli oliveti della Puglia, che compare adulto in primavera e si nutre prima delle foglie, quindi dei fiori in boccio e, infine, delle olive quando sono ancora piccolissime; il liotripide, piccolo insetto di color nero lucente che raggiunge i 3-4 millimetri e che compare alla fine di marzo, facendo cadere anzitempo le olive danneggiate dalle sue punture; il pleotribo o punteruolo, un piccolo tarlo di 2 millimetri di lunghezza, color bianco bruno, che si presenta in primavera e scava nel tronco dell'albero delle gallerie in cui depone le uova (attacca in modo particolare le piante già deboli e sofferenti); la cotonella o bambacella dell'olivo, il cui aspetto richiama quello di una cicala in miniatura.
Vi sono infine tre tipi di cocciniglia: la cocciniglia gobbocarenata, detta anche grano di pepe, che attacca generalmente gli olivi vigorosi con forte vegetazione; la cocciniglia tubercolata o pollinia, la cui femmina, di color giallo, vive in colonie, preferibilmente su rametti già lesionati di cui succhia la linfa; e la cocciniglia cotonosa, che si presenta come un piccolo bozzolo bianco e oblungo, di circa 6 millimetri. Anche questo insetto predilige le piante deboli che crescano in luoghi ombrosi e poco aerati.

LA RACCOLTA DELLE OLIVE
La raccolta delle olive deve avvenire a completa maturazione dei frutti (novembre-gennaio ) e per ottenere un olio di buona qualità bisogna:
- scegliere le varietà più adatte;
- controllare lo stato sanitario delle drupe; - effettuare la raccolta nel periodo giusto;
- conservare le olive e 1' olio in locali e recipienti idonei. Il metodo di raccolta può essere effettuato con diversi sistemi:
La brucatura a mano é il miglior metodo di raccolta. Si staccano le drupe con le mani direttamente dalla pianta, ponendole poi in ceste. E' il metodo più costoso, ma riduce al minimo le perdite.
Le olive, invece di essere deposte nelle ceste, si possono far cadere su un telo disposto tutt'intorno all'altezza del fusto, ma si corre il rischio che le drupe si ammacchino.
La brucatura si può effettuare con un pettine ( rastrello di legno ), o con speciali guanti o ventagli a pettine, che permettono di ripulire i rami delle olive, facendole cadere in un telo ai piedi della pianta. E' un metodo efficace, ma rende necessaria la separazione delle foglie e delle olive guaste da quelle sane.
Si può anche scrollare 1'albero determinando la caduta sul telo delle olive mature, ma si ha una resa qualitativa peggiore.
Percotendo i rami ( bacchiatura ) si ammaccano i frutti e si deve effettuare la separazione dei corpi estranei caduti; la pianta inoltre soffre perché si lacera la corteccia.
Se si raccolgono le olive cadute ( raccattatura ) per maturazione, vengono raccolte anche quelle troppo mature e quelle danneggiate, pertanto ne deriva un prodotto di qualità scadente. L'olio è acido ed ossidabile (non dimentichiamo che una grossa percentuale di queste olive risulta contaminata da muffe o batteri).
Esistono macchine ( sistema meccanico ) capaci di effettuare lo scuotimento e la raccolta delle olive che vengono poste in un sacco. In questo modo il personale è fortemente ridotto, ma le radici della pianta soffrono per le continue vibrazioni.



TRASPORTO E CONSERVAZIONE
Dopo che sono state raccolte, le olive devono essere trasportate al frantoio. Il trasporto delle olive deve essere effettuato in ceste o cassette a pareti rigide per evitare di danneggiarle.
Le olive ammassate e compresse, nel trasporto potrebbero facilmente alterarsi, compromettendo la qualità dell'olio. Dopo la raccolta infatti i frutti continuano a svolgere, lentamente, le loro attività metaboliche, e queste vengono favorite se le olive sono ammassate senza una sufficiente circolazione d'aria.
In questo modo, infatti si alza la temperatura della massa, che ammuffisce ed inacidisce. Tale fenomeno si accentua se le drupe sono lesionate, con conseguente fuoriuscita di succo.
E' necessario in questo caso lavorare le olive il giorno stesso della raccolta, anche se i risultati non saranno ottimi.
Anche se conservati in condizioni ottimali, le drupe sono soggette a fenomeni di alterazione dei loro componenti, per un naturale processo di respirazione del frutto.
Se le olive non potessero essere lavorate subito, è bene conservarle disponendole su graticci sovrapponibili che permettono un buona aerazione.